Altri due importanti contributi/riflessioni da Gabriella Quaglia di Orientamenti dal Ladakh..
Dover soggiornare qualche giorno a Leh in un Hotel di buona classe può essere di una noia mortale ma se sei sola allora puoi avere l’occasione di trasformare ciò che ti circonda in un grande sipario dove tu, unico spettatore, puoi scomparire per osservare gli altri.
Uno spettacolo interessante è quello offerto dai gruppi turistici organizzati. Manipoli di 15/20 persone che arrivano la mattina dall’aeroporto solitamente stremati da lunghi voli internazionali e da estenuanti attese per la successiva tratta interna Delhi-Leh. Pochi voli, solo la mattina e se il tempo è troppo nuvoloso o ventoso vengono annullati, data la difficolta dell’atterraggio in una conca tra le montagne, ed allora si aspetta il mattino dopo.
Vengono da est o da ovest o, soprattutto quest’anno, dalle pianure indiane, ma lo sguardo stralunato per la quota raggiunta nel giro di un’ora e mezza di volo (3.500mt.) li rende ugualmente disorientati.
Seguiranno giorni di escursioni nelle diverse valli del Ladakh, più o meno lontane, ma solo quando dopo uno o due giorni saranno superati i problemi di adattamento allora emergeranno le differenze: infagottati in improbabili cappotti,sciarpe e cappelli di lana sopra i loro vestiti estroversi gli indiani ( si vede che non hanno dimestichezza con gli indumenti pesanti), avvolte in multicolori abiti e calzature da bambole le donne vietnmite, coreane, thailandesi e cinesi di Taiwan ( gli uomini nei gruppi di queste nazionalità sono scarsi, solitamente silenziosi rispetto allo stridio del vociare delle loro compagne e non brillano per protagonismo), perfettamente in tono con attrezzature e vestiari tecnici,senza lasciare nulla al caso, gli occidentali, con più o meno stile ( nel meno ci stanno austriaci e tedeschi).
Discorso a parte per i gruppi di centauri, indiani, asiatici o europei,arrivati via terra da sud o da ovest. Con tute nere, gli indiani spesso datate e a scafandro, coreani e vietnamiti in materiale e foggia ultramoderni, quando arrivano o si preparano a ripartire,sprizzano compiacimento per le loro prodezze ( qui il genere maschile non ha valore grammaticale generico). Non li comprendo ma si intuisce che i loro accalorati discorsi ad alta voce nel giardino dell’hotel, magari con qualche superalcolico sui tavolini, riguardano le fatiche superate, per la pioggia e le strade impraticabili e franose, soprattutto se arrivano da Delhi o peggio ancora dagli stati indiani più a sud. L’orgoglio è palpabile.
Di fronte a questa variegata umanità che si sparpaglia e si incrocia per i passi estremi e le valli immense e pietrose di questa regione, in cerca di emozioni, mi chiedo se non ci sia qualche concettuale sovrapposizione con quella diversa umanità che, nei secoli scorsi, questa regione l’ha attraversata per soddisfare le necessità dei commerci e delle esplorazioni.
Il confronto è azzardato ma il tentativo è plausibile.
L’importanza strategica del Ladakh, acquisita grazie alla sua posizione geografica di naturale corridoio fra la Cina e l’Asia centrale ha da sempre favorito relazioni con le regioni vicine e, a dispetto di come venga spesso descritto quale territorio inaccessibile e remoto, nei secoli è sempre stato attraversato da un enorme flusso di popoli e merci. La sua storia, ricca di influenze culturali e religiose nate altrove, ne è testimonianza. Le carovane che fino ai primi decenni del 1900 trasportavano lana,seta,spezie,tappeti, metalli e pietre preziose ,fra l’Asia centrale e il Tibet, erano veicolo di importanti contaminazioni culturali per i popoli che vivevano nelle sue valli. Solo nel 1947, dopo la Partition e la creazione della nuova nazione indiana indipendente, le frontiere del Ladakh vennero chiuse e la regione perse il suo ruolo di snodo commerciale. La loro riapertura nel 1974 diede avvio alle nuove forme di migrazioni…..ed al moderno turismo.
Oggi i flussi migratori seguono logiche sostanzialmente stagionali: ogni estate , oltre all’invasione del turismo che costituisce una grande occasione di sviluppo economico locale, truppe di lavoratori nepalesi e del Bihar si trasferiscono in Ladakh assunti per miseri ma indispensabili salari nei cantieri di strade, ponti ed edifici al comando di tecnici dell’esercito; lo stesso esercito, che sulle frontiere calde con il Pakisthan e la Cina mantiene enormi fortificazioni e accampamenti, deve trasferire su queste montagne centinaia di migliaia di uomini dal resto dell’India con una rotazione ogni sei mesi che consenta loro di sopportare le dure condizioni climatiche dell’alta quota.
Nella direzione opposta un importante flusso in uscita è costituito dai ragazzi che dopo i 18 anni devono trasferirsi altrove per frequentare il college e poi l’università. A Jammu, a Chandigarh e a Delhi soprattutto ma anche nelle altre città indiane. Le insistenti richieste per avere anche a Leh più college e corsi universitari non sembrano al momento avere ascolto.
È vero, il confronto fra le carovane commerciali del passato e le invasioni moderne per necessità o per divertimento è irriverente e può essere anche irritante. O forse
quello che immaginiamo delle lunghe e lente colonne di uomini ed animali che nei secoli scorsi, per queste valli, trasportavano tesori e culture nonché dei caravanserragli che li ospitavano per le soste è solo un aspetto mitizzato di esperienze che mettevano, in ogni caso, a dura prova quegli uomini e quegli animali. Allora come oggi qualcuno decideva e finanziava le spedizioni che li avrebbe arricchiti mentre altri ne sopportavano le fatiche più dure ed i guadagni più miseri.
Il turismo poi, così come è oggi, sta devastando il territorio e le sue risorse. L’euforia del guadagno sicuro negli scorsi anni ha nascosto il danno che il terreno, l’acqua, l’aria, la vegetazione e gli animali (uomini inclusi) stanno patendo. Ma come spesso accade la soluzione non è il ritorno al punto di partenza, turismo zero, ma la riprogrammazione dell’offerta turistica facendo tesoro di ragionamenti nuovi e piccole esperienze già in atto . Il Ladakh da pochi mesi ha acquisito una nuova autonomia amministrativa, una buona occasione per la politica locale di decidere su questi temi a completo suo vantaggio.