Il Buddha storico (Sakyamuni) visse intorno al VI secolo a.C, ma i primi artefatti buddhisti risalgono al III secolo aC; nelle Scritture, si dice che il Buddha usasse delle immagini come la ‘Ruota della Vita’ per illustrare i suoi insegnamenti.
La prima immagine del Buddha apparve nel primo secolo a.C, quindi fino ad allora l’opera d’arte e’ stata in gran parte di natura simbolica o aniconica proprio perché Buddha fu sempre riluttante ad accettare le sue immagini, in quanto non voleva essere venerato.
Per simboleggiare il Buddha le prime espressioni dell’arte usarono principalmente la Ruota dagli otto raggi e l’albero del Bodhi, ma vennero utilizzati anche le orme del Buddha, un trono vuoto, una ciotola per l’elemosina e un Leone.
Le orme del Buddha simboleggiano la presenza fisica dell’ Illuminato. Questa immagine la troviamo incisa su un’antica pietra a Bodh Gaya (Bihar), in India, luogo dove Siddhārtha Gautama verso il 530 a.C. raggiunse l’illuminazione e divenne il Buddha storico sotto un ficus religiosa.
Bodh Gaya divenne luogo di pellegrinaggio subito dopo la morte del Buddha e la prima attestazione di un santuario nella zona è un’iscrizione di epoca Gupta. La prima descrizione del tempio della Mahabodhi è del VII secolo da parte di Xuánzàng, un monaco pellegrino e celebre traduttore cinese.
Le impronte vengono spesso decorate con al centro la ruota del Dharma e altri segni di buon auspicio, come svastiche e fiori di loto.
Nei siti di Bharhut, Amaravati e Sanci la rappresentazione delle impronte ricorre in contesti riferiti ad episodi biografici ( come l’Illuminazione, l’attraversamento della Nairanjana, la discesa dal Trayastrimsa).
Nei paesi di tradizione theravada (“la scuola degli anziani),che è la forma di Buddhismo dominante nell’Asia meridionale e nel Sud-est asiatico, in modo particolare in Sri Lanka, Thailandia, Cambogia, Birmania e Laos, le sacre impronte divennero importanti oggetti di culto indipendenti e vennero rappresentate in grandi dimensioni.