Aspettavamo con ansia di avere notizie dal Kashmir e, puntualmente, Gabriella Quaglia di Orientamenti – Torino ci aggiorna sullo stato delle cose dopo quanto è successo pochi giorni fa.
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È successo in pochi giorni quello che nessuno si aspettava, neanche quelli che credono ora di poterne esultare. Il Presidente del più grande paese al mondo che vanta un sistema politico democratico, con un atto monocratico ed uno schieramento militare da vero “golpe”, ha annullato le prorogative costituzionali e l’autonomia del Jammu & Kashmir, uno dei 29 stati che componevano, fino al 4 agosto scorso, la confederazione indiana. Nei giorni immediatamente successivi, forte della stragrande maggioranza guadagnata dal suo partito alle ultime elezioni del parlamento centrale, Modi ha approvato la riorganizzazione del territorio di quello stato in due unità territoriali direttamente dipendenti dal governo centrale di Delhi . Tutto è avvenuto nel giro di in una settimana. Anche le esultazioni per il successo che il partito al governo festeggia nelle piazze e sui media come “risoluzione” del problema del Kashmir.
Ma la lacerazione provocata da questa insana strategia di potere lacrima sangue e dolore, da subito,ora, per kashmiri sotto assedio militare con coprifuoco totale a Srinagar e dintorni e chiusura di ogni mezzo di comunicazione. E per il Ladakh, che ora, per lo più inconsapevolmente e mi riferisco alla gente comune, festeggia la separazione dal Kashmir senza sapere cosa significherà per la loro comunità dipendere direttamente dal governo centrale di Delhi.
Per capire serve una premessa. Lo stato del Jammu & Kashmir comprendeva, pur con la maggioranza della popolazione musulmana, 3 regioni profondamente diverse per cultura, religione e conformazione fisica: Jammu territorio pianeggiante prevalentemente urbano di cultura hindu, il Kashmir islamico con la maggiore estensione di territorio e popolazione dello Stato ed il Ladakh, passi ed altipiani ad alta quota di cultura buddista tibetana. Il sistema rappresentativo parlamentare dello Stato ha di conseguenza sempre visto la prevalenza degli interessi della comunità islamica maggioritaria ed anche nella organizzazione amministrativa delle materie di competenza il Ladakh ha sempre lamentato una scarsa considerazione delle necessità e volontà della sua popolazione chiedendo correttivi al sistema proporzionale di distribuzione delle risorse, in considerazione della grande dispersione ed inaccessibilità degli insediamenti abitativi ladakhi.
La contrapposizione fra Kashmiri e Ladakhi si respira a Leh, capoluogo del Ladakh, da sempre nel campo del commercio e del turismo; scaltri e disinibiti i primi nell’inventare e promuovere ogni servizio richiesto dai turisti monopolizzando progressivamente molte delle attività economiche redditizie della città; più riservati e fedeli alla loro cultura tradizionale contadina i secondi che mantengono invece il ruolo predominante nelle aree rurali e nelle attività di accompagnamento nelle escursioni del territorio montano in alta quota. Qualcuno denunciava una crescente islamizzazione di Leh derivante da importanti nuovi insediamenti residenziali di kashmiri, non solo nella stagione del turismo, nella zona periferica pietrosa e secca, verso il Kardung La. L’abbattimento due anni fa della vecchia moschea sunnita del centro per la sua ricostruzione con forma e dimensioni più imponenti e l’ampliamento di poco precedente della moschea sciita sulla stessa via i cui alternati richiami alla preghiera dei fedeli scandiscono le ore della giornata e sovrastano le più sommesse melodie del monastero buddista confermavano tali timori , ma come sempre soprattutto per chi ambiva a strumentalizzare tali paure a fini politici e di egemonia.
Sicuramente la paura non rovinava il sommo della gente comune con cui abbiamo parlato e convissuto in questi anni.
Le notizie che ci arrivano ancora oggi da Srinagar sono scarse: i giornali indiani riportano solo notizie scarne di regime con qualche foto della città deserta. I tanti kashmiri che si trovano ora in Ladakh per lavoro o affari non riescono a comunicare con le loro famiglie da ormai una settimana a causa dell’interruzione totale delle linee internet e telefoniche. Tutto è bloccato, le scuole, gli uffici e gli ospedali, tutti chiusi in casa. Arrivano notizie imprecise di qualche scontro ma tutti sono d’accordo nel pensare che finché perdurerà il coprifuoco le loro famiglie e la città sarranno reclusi ma al sicuro. Quel che temono maggiormente è la reazione, inevitabile e violenta, che si scatenerà quando riacquisteranno la libertà di movimento tutti i gruppi, organizzati o meno, che da anni protestano con le pietre e con atti terroristici, contro la repressione della loro città da parte dell’esercito indiano . Le armi nascoste dai kashmiri nei villaggi sulle montagne non risparmieranno nulla. Gli 800.000 soldati spediti da Modi nella zona, uno per ogni 10 abitanti, non basteranno a fermarli, dicono. E Modi lo sa bene, tanto che ha rinforzato l’esercito da sempre presente nella valle con forze fresche e corpi speciali ben 2 giorni prima di emanare il decreto (!!) di sospensione del famoso art. 370 della costituzione indiana che sanciva l’autonomia e le prerogative territoriali del J. & k. La ragione addotta per tale nuovo rinforzo militare era vigliaccamente quello della notizia di imminenti attentati terroristici provenienti dai servizi di intelligence! Ma 2 giorni dopo si è svelato l’inganno: le promesse elettorali di maggio scorso del suo partito, il BJP, che prevedevano una politica di pacificazione del Jammu & Kashmir anche favorendo l’indizione di elezioni per un nuovo parlamento per il prossimo mese di ottobre, dopo un lungo periodo di commissariamento,sono servite per guadagnare la maggioranza nella valle del Kashmir ( a Srinagar da sempre prevale l’astensione di protesta) e in Ladakh. Ma ciò che avevano in mente era ben altro, smembrare ed esautorare lo Stato con un atto d’imperio di Modi, senza alcuna consultazione dei politici che lo hanno governato e degli attuali leader locali, anzi mettendo gli stessi leader ed ex primi ministri agli arresti domiciliari, così come i più importanti muezzin delle moschee cittadine, esattamente il giorno precedente alla firma del famigerato decreto. Non male per il presidente della più grande democrazia del mondo! Alcune forze parlamentari del governo centrale di Delhi stanno promuovendo ricorso contro il decreto di Modi davanti alla Corte Suprema. Il Pakistan ha richiamato il suo ambasciatore a Delhi e rinviato a casa quello indiano di stanza a Islamabad. ….e ha sospeso il servizio del “bus dell’amicizia” attivato 2 anni fa fra Delhi e Lahore quale segnale della volontà di quel momento di distensione fra i due Paesi . L’ ONU e molte altre nazioni islamiche hanno formalmente condannato la politica di Delhi. Se sono solo atti formali dovuti agli occhi del mondo o se veramente a qualcuno interessa la sorte della popolazione kashmira, lo vedremo.
Oggi e domani ricorre la festa musulmana di Eid. Dicono che allenteranno il blocco per qualche ora nelle zone periferiche di Srinagar per consentire loro di andare nelle moschee…….chi di loro è lontano non sa cosa augurarsi. E noi con loro.
Ringrazio Gabriella per l’aggiornamento sperando che la situazione non degeneri..