Martina, una cara amica, racconta sul sito sito PimpMyTrip, i ricordi e le emozioni legate ai suoi viaggi…
per “Life’ a Journey” ci racconta del simbolo dell’India..Il Taj Mahal..
Stasera voglio raccontarvi una storia. Ebbene si, perché volente o nolente, devo ammettere che il romanticismo in fondo mi piace. E chi di noi, giovani donne, non si ritrova a sognare ad occhi aperti quando ascolta storie come quella che mi accingo a raccontare? Questa storia infatti è una di quelle che parlano di amore e per quanto sia triste è davvero talmente romantica e dolcissima che potremmo pensare che sia stata del tutto inventata, se non fosse che a testimonianza della verità c’è stato lasciato un incredibile poema di marmo: il Taj-Mahal.
“Un palazzo di perle fra i giardini e i canali dove i pii e i beati possano vivere per sempre” recita un verso del Corano inciso sul Darwaza, il grande portale d’ingresso, ed appena si varca la soglia lo stupore è d’obbligo: il più grande monumento del mondo dedicato all’amore supera e travolge anche le aspettative del più esigente dei visitatori.
Hanno rispettivamente 16 e 15 anni, il principe Khurram e la bellissima Ariumand, quando per la prima volta incrociano lo sguardo, ed è subito amore. L’incontro avviene nel 1607 quando, al bazaar reale di Agra, in cui una volta all’anno le donne della corte moghul possono prendere il posto dei mercanti e vendere sete e gioielli, Khurram “il gioioso”, terzo figlio dell’imperatore, compra ad un prezzo spropositato una perla di vetro da una giovane ragazza ed il giorno dopo chiede al padre di lei di sposarlo. Nonostante il loro amore devono aspettare cinque anni prima di poter diventare marito e moglie perché per questioni di opportunità il principe deve prima sposare altre due principesse.
La leggenda narra che, nonostante il fatto che il velo celasse quasi completamente il volto della principessa, il giorno delle nozze l’imperatore Jaharangir, padre dello sposo, rimase talmente affascinato dalla bellezza di Ariumand che le dette un nuovo nome: Mumtaz Mahal, l’Eletta del palazzo.
Mumtaz fu davvero l’eletta, nonostante l’harem di mogli e delle 5000 concubine di cui Khurram si circondò nella sua vita: moglie fedele seguiva sempre il marito in guerra, asciugandogli il sudore in battaglia, occupandosi delle elemosine e consigliandolo. Ma fu proprio durante una delle battaglie che il marito, incoronato nel frattempo Shah Jahan, “re del mondo”, combatteva che, incinta del quattordicesimo figlio, Mumtaz morì per emorragia dando alla luce una bimba sanissima: appena prima di esalare l’ultimo respiro, Mumtaz chiese al marito di erigerle un monumento che fosse grande e perfetto come il loro amore.
Dopo una settimana in cui il re si isolò urlando di dolore e nell’arco della quale, si narra, i suoi capelli divennero completamente bianchi, il re riapparve e, senza badare a spese, convocò da mezzo mondo i migliori architetti ed artigiani. Dal 1631 cominciarono ad arrivare ad Agra dal Rajasthan carri carichi del marmo bianco di Makrana, da altre zone dell’India quello giallo e quello nero. Da tutto il mondo cominciarono ad arrivare pietre preziose: ambra dalla Birmania, turchesi dal Tibet, lapislazzuli dall’Afganisthan, dal Ceylon madreperla e zaffiri e poi onice, cornalina, agate, calcedonio e diamanti da Persia, Iraq, Yemen, Pannah, Turkesthan e Cina. I lavori durarono 20 anni e per i quattro anni successivi al completamento del mausoleo Shah Jahan discese ogni giorno in barca il fiume Yamuna per sedersi sulla piattaforma di marmo candido e parlare con la moglie defunta. Dopo 4 anni, anche a causa del fatto che la costruzione del mausoleo aveva fortemente intaccato le risorse dello stato, il figlio Aurangzeb lo spodestò e lo rinchiuse nel forte della città, dal quale fino all’ultimo giorno lo sguardo triste dell’imperatore corse lungo il fiume fino a che i suoi occhi incontravano il Taj-Mahal. Quando morì, le sue spoglie furono poste nel Taj accanto a quelle di Mumtaz cosicchè dopo 36 anni di separazione Shah Jahan potè ricongiungersi alla sua amata.
Nonostante nel tempo il tesoro del Taj sia stato svaligiato, nonostante le porte d’argento siano state asportate, gli inglesi abbiano sostituito con volgare ottone i 53 kili d’oro puro che ricoprivano il pinnacolo della cupola, nonostante che alcuni dei pannelli di marmo bianco siano stati asportati per decorare le case dei ricchi, nonostante tutto questo, il Taj Mahal ancora oggi conserva intatto tutto il suo fascino: il candido marmo di Makrana assume sfumature di colore diverse nelle diverse ore del giorno, dal rosa al dorato, esaltando ancora di più la maestosità ed i preziosi intarsi delle architetture, mentre intorno l’idillio di giardini, canali, fontane e vialetti ne accentua la perfetta simmetria.
Il Taj, come gli indiani amano ripetere, è stato “costruito da titani e rifinito da gioiellieri” : il tempo passa, ma lui resta li immobile ed impassibile, esattamente come il grande amore di cui è testimone.
Fonti: India del Nord
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